domenica 23 agosto 2015

Il caso delle chiavi dimenticate. Buon compleanno, Colombiano.

Da quando sono arrivata a Houston, le mie chiavi finiscono nei più remoti angoli dell'universo.

Irritrovabili.

Come i calzini spaiati.

Ricordo quando lavoravo da illegale fra illegali, appena arrivata nella terra dei tacchini.

Le mie chiavi svanivano nel nulla, senza lasciare la benché minima traccia nella mia borsa, o nelle tasche della giacca, ma nemmeno sullo scaffale vicino alla porta.

Pufff!

Scomparse!

La mia collega si prendeva gioco di me.
Rideva.
Mi chiedevo cosa ci fosse da ridere, nemmeno fossi caduta in una situazione pirandelliana di sfiga ridicola.
Poi ridevo anche io, così, per fingere di aver capito.

"Adesso c'è Juan. Hai abbassato le difese e dimentichi le chiavi perché tanto la porta di casa c'è qualcuno che te l'apre."

Le chiavi venivano poi regolarmente ritrovate, creando uno schema ricorrente che dopo un po' è diventato così prevedibile, che le chiavi le ritrovavo subito.

Così, tanto per distrarmi un po', lo schema ha cominciato a ripetersi ma in maniera tale da creare comunque un problema.

Ho cominciato a dimenticarle inserite in macchina.
Inserite nel cruscotto.
Dopo aver messo la sicura allo sportello.

La macchina era quindi blindata, inaccessibile, e lontanissima da dove vivevo.

La soluzione sempre la stessa; chiamare Juan.
Che come un supereroe, senza mai dirmi machecazzo, tirava fuori il mantello da supereroe, e dovunque fossi, a qualsiasi ora, arrivava e apriva lo scrigno delle meraviglie.

Vabbè, la Yaris.

Stiamo diventando una vecchia coppia sposata con figli.
Le chiavi me le ricordo di più.
Non sempre, però.
Gli episodi di salvataggio capitano ancora, ma diversificati.
Non necessariamente legati alle chiavi.
Anche ai bambini capita.
Matteo perde la sippy cup e i lego, Luca semina giacche invernali.

La sensazione che il Colombiano ci sarà se faccio casino, per rimettere ordine nel mio mondo confuso, persiste ancora. Sembra che ce l'abbiano anche i nostri figli.

Siamo proprio fortunati.

Magari domani lascio cadere le chiavi da qualche parte e poi chiamo Juan.
Gli sta tanto bene il mantello da supereroe.

Feliz cumpleaños, Colombiano!

venerdì 21 agosto 2015

Lucky people. Tre, quattro lavori per sognare.

In Italia ci si lamenta perché per avere un lavoro fisso bisogna piantare baracca e burattini e trasferirsi in un'altra regione.

Gotcha.
I feel for you.

E io veramente lo capisco che sia difficile.
Trasferirsi e cambiare casa, amici, stare lontano dalla famiglia, non avere appoggi, è veramente difficile.

Noi siamo fortunati.
In fondo è per questo che siamo qui.

Per il lavoro.

I lavori.

Sì, perché quando si lavora a 8.947,10 km dalla propria città, se ogni tanto, diciamo ogni anno, ogni due almeno, uno vuole tornare a casa e rivedere le persone a cui vuole bene, se si vuole essere sicuri che, se un uragano ci butta giù lo steccato, o il calore torrido ci scioglie il condizionatore, se un imprevisto medico ci porta a dover metter mano ai risparmi e ce li prosciuga, se insomma si vuole essere sicuri che in caso di disgrazia e tormento ci siano i soldi per correre ai ripari, qui di lavori ce ne vogliono un paio.

E per un paio intendo un multiplo indefinito.
Chiamiamolo n.

Certo, si potrebbe comprare un biglietto della lotteria.

Certo, si potrebbe mollare il Colombiano per un ricco cowboy o un petroliere.

Ma la realtà è che alla lotteria io non ci so giocare, i biglietti, forse due, che ho comprato in vita mia li ho sempre persi, e gli unici cowboy che ho conosciuto erano allevatori in quel di Oschiri e Berchidda e non avevano ranch in Texas.

Quindi tocca lavorà.

E siccome siamo fortunati (non ci leggete nessuna ironia, non c'è) i lavori li cerchiamo, li facciamo e ce li teniamo.

E gli USA offrono ogni tipo di lavoro extra per insegnanti con energie in sovrappiù; esaminatori, tutor, lettori, valutatori, in presenza, online, telepatici.

Forse il sogno americano è proprio questo: vivere in una realtà dove se ti servono i soldi per la famiglia, per vivere, ma anche per il sovrappiù moderato, li trovi.

Basta un lavoro in più.

Che per chi vive dove è difficile anche trovarne mezzo, è una gran fortuna.

Lucky people.

giovedì 20 agosto 2015

Sardegna per bambini. Una passeggiata fra Sassari e Alghero.

Prima di tutto le notizie importanti: il Festival Girovagando 2015 ha finalmente pubblicato le date: 17-20 settembre 2015!

Se volete avere informazioni sull'evento e siete su Facebook: "GIROVAGANDO" XVIII Ed. - Festival Internazionale di Arte in Strada"

Beato chi ci va...

Noi no.
Stiamo qui, con gli stivali della pioggia ai piedi, fra lampi e tuoni ad aspettare gli uragani tropicali...

E a ricordare l'estate a spasso per le vie di Sassari e di Alghero...

Due anni fa in piazza Sulis avevamo visto una bellissima giostra a pedali, con i cavallini fatti da copertoni di macchina, il tipico tendone da carousel, e un gentile signore allampanato che alla fine della corsa distribuiva leccalecca di tutti i colori.
I bambini erano chiaramente innamorati, ma chiaramente troppo piccoli...
I cavallini che da lontano li avevano affascinati, una volta sopra, davano una sensazione di volo troppo intensa!
Giù tutti e via di corsa...
Altro che giostra!

Quest'anno invece, con la loro moneta da due euro in mano, si sono lanciati, hanno scelto il cavallino e sono montati.
Non saprei davvero come descrivere quei brevi istanti, se non come un volo.
Giuseppe li faceva ridere, e a ogni pedalata andavano più veloci, più in alto.
Vedevo sui loro volti la vertigine che tanto divertimento provocava (e anche un po' di timore dato proprio dal volo).
Era uno di quei momenti che sembra possano racchiudere tutta un'infanzia, semplice, vero, in cui ci si sente completamente abbandonati al presente.

Attorno giocolieri, acrobati, artisti di strada che affascinavano i passanti con i loro trucchi e le loro abilità.

Ma mi raccomando, se in piazza Sulis ci andate, share the love, people! mano al portafoglio e riempite i berretti che vi porgono a fine spettacolo, che se a teatro si spendono soldoni per vedere un'opera o un dramma, non è mica che gli artisti di strada lo facciano perché vivono di aria.

Un altro eventi a cui non abbiamo partecipato sono i Candelieri.
Ora, io questo evento non l'ho visto proprio ogni, ogni estate quando a Sassari ci vivevo, però ora che sono lontana, chiaro, addirittura mi manca...

Qui nel Far West texano, noi prof cominciamo a lavorare il 10 agosto (no comment, please, siamo sfigati), quindi ovviamente la faradda del 14 ce la perdiamo.
Il Colombiano e i bambini sono riusciti a vederla solo un anno che si cominciava più tardi del solito.
Ergobaby e bimbi in spalla, siamo scesi con i Candelieri e con loro abbiamo saltato.

Ma una volta siamo riusciti a vedere la faradda dei Candelieri piccoli.
E lì il mio cuore debole di mamma emigrata proprio non ha retto.
I piccoli che reggevano i mini Candelieri sono proprio i piccoli con cui mi sarebbe piaciuto che fossero cresciuti i miei, nella mia città.
Mini Candelieri sorretti da sassaresoafricani, sassaresocinesi, bambini, bambine, tutti insieme a cambiare una società che diciamolo, quando sono partita io era ancora un po' stantìa.
Con un solo elemento in comune, il sassarese!

Vabbé, vorrà dire che compreremo un paio di tamburi e ci eserciteremo a casa...

Un'altra cosa che manca, quando si sta lontani, è il baretto.
Perché un cappuccino e cornetto come me lo facevano al Bar Sechi in Viale Italia, a me non me lo farà mai nessuno a H-Town.
I baristi sono un po' come quelli dei bar nei film americani, che con un solo sguardo capiscono se è una giornata che andrà bene, male, o che magari si può cambiare con un consiglio giusto, con una notizia nuova o un mezzo ciarameddo, quelli che sostituiscono lo psicologo, il fidanzato e pure il dottore.
Così, con una frase, oppure facendoti trovare tutto già pronto e servito sul bancone che tu nemmeno ci eri ancora arrivata.

Artisti.

E pure santi.
Sì, perché ogni estate, dare retta ai miei due americani che ci mettono ben mezz'ora a scegliere che pasticcino chiedere e che magari cambiano pure idea, richiede una forza interiore zen non da poco.

Fra 600 giorni ci torno.

Comincio a contare i minuti...

La giostra che va a pedali, attrazione in piazza Sulis
Immagine inconsapevolmente donata dal sito della Nuova Sardegna
(mi scuso per il furto...)

martedì 11 agosto 2015

Come insegnare ai bambini il daltonismo e la ricchezza dei colori

"Sei tutta marrone."

Uno di quei momenti in cui guardi per terra, sperando che si apra una voragine e che ti inghiotta, senza lasciarti nemmeno il tempo di agitare la manina in segno di saluto.

Il panico.

Come marrone?
Ma sei impazzito???
Questa è una delle mie migliori alunne, io sono qui che faccio l'insegnante dagli alti principi e dalla mentalità aperta, quella che vuole un mondo migliore e diritti per tutti. Pure ti mando alla Montessori, che sono tutti più aperti, avanguardisti...
E tu mi fai il razzo-nazista così, senza preavviso????

Era appena finito un bellissimo evento nella mia scuola e stavo per riaccompagnare a casa un'alunna etiope che aveva partecipato e poi anche giocato moltissimo con i bambini.
Luca decide di invitarla a cena con noi.
Ok.
Poi, così, per fare conversazione, il mio adorato figlioletto, il mio fiore all'occhiello, guarda la mia bellissima studentessa e commenta.

Panico.

Lei, carina, gentile, un essere superiore, mi dice:
"È piccolo, non si preoccupi."

Non si preoccupi??
E come non mi preoccupo?
Se mi cresce nazi-razzista io cosa faccio????
Magari poi mi vota Salvini, io come reagisco???

Panico.

E allora, come sempre, mi rivolgo alla rete, alle mamme blogger, alle internet dipendenti, le tecnodrogate che hanno sempre a portata di mano una soluzione fai da te alle apocalissi familiari.

Sono centinaia, forse migliaia, le mamme che hanno posto lo stesso quesito, che hanno vissuto episodi simili, in preda allo stesso panico.

Mio figlio è un razzista?
Solo l'idea è raccapricciante...

Le risposte ai vari post, terribili: Dillo alla maestra! Tagliagli la lingua! Va stroncato sul nascere!

Poi per fortuna sono anche arrivata sul sito di Psychology Today.

Cose da fare per evitare che tuo figlio diventi razzista:
1. parlargli del razzismo
2. mostrare atteggiamenti antirazzisti
3. educare con esempi chiari alla convivenza pacifica e al rispetto reciproco

Fatto
Fatto.
Fatto e rifatto!!

Ma non solo: per qualche motivo i miei bambini hanno sempre avuto più amichetti afroamericani che bianchi. A volte con il Colombiano ci chiedevamo pure come mai non legassero se non con bambini neri.
Insomma, questa cosa ci ha preso completamente alla sprovvista.

E le mie letture su Martin Luther King? E Rosa Parks?

Non ho ben chiaro come o perché.
Il razzismo a volte permea una società in maniera molto sottile.
Come quando a una festa qualcuno ci aveva detto che Matteo "ci era venuto meglio" riferendosi al fatto che era biondo.
Per qualche motivo Luca stesso un giorno mi ha detto che Matteo poteva fare il capo, perché aveva i capelli d'oro.

Ho provato a spiegare scientificamente come le quantità di melanina varino da una persona all'altra, di come sia questo a rendere una persona più marrone di un'altra.
Magari ho insistito troppo.
Ora dice che io sono marrone dentro, ma coperta di panna fuori.

Forse è vero, forse è solo piccolo.
Forse ha solo notato una differenza.
Forse non è un razzista, ma solo uno che prima di parlare non accende la CPU che ha in testa.

Migliaia di forse.

Quello che è sicuro è che ha cinque anni, che a molti bambini della sua età capita di mettere in evidenza quello che vedono senza porsi il problema delle conseguenze, o forse proprio in cerca di scoprire quelle che saranno le conseguenze.

Insomma, da domani di razzismo a casa mia se ne parlerà di più, così come di differenze.

Di più, se possibile, visto che già se ne parla tanto.

Sicuramente bisognerà fare attenzione e spiegare tante cose prima che gliele spieghi qualcun altro.

Ma soprattutto non ci si abbandonerà ai forse, per non correre il rischio di perdere una bambino alla parte sbagliata della società, prima ancora che cominci a esserne parte attiva.

domenica 9 agosto 2015

Sardegna per bambini. Istruzioni per l'uso.



La Sardegna è un'isola montagnosa al centro del Mediterraneo.

Mare e montagna convivono in un armonioso contrasto, fra l'azzurro del cielo e i colori del mare, con le rocce che vi si tuffano e una fauna selvaggia dalle caratteristiche fiabesche; abitata da popoli fra i più diversi, che vi hanno lasciato tutti le loro impronte, senza mai riuscire a cancellare le orgogliose e imponenti tracce della cultura autoctona.

Quindi, se quello che cercate è un residence organizzato, animato da giovani aitanti e fornito di piscina, questo post non è per voi.

Al primo posto nella hit parade del mio cuore c'è il Nuraghe di Santu Antine.

Ogni territorio in Sardegna ha il suo nuraghe del cuore, quello preferito, quello storicamente più rilevante, quello con più vestigia del passato...

I ragazzini dela provincia di Sassari prima o poi finiscono sempre per andarci in gita a Santu Antine.

Io pure.

Ma l'amore fra me e questo nuraghe è un amore tardivo, nato quando portavo gli ospiti stranieri in giro per la mia isola. Alla ricerca della mia storia.

Della durata di poche ore, la gita al nuraghe diventava un viaggio nella storia e nei miti di una terra arcaica fuori dal tempo.

Un riscatto della terra, una risposta agli alberghi e ai tour con menù turistico.

Arrivavamo di solito verso sera, dopo essere arrivati nella Valle dei nuraghi con i suoi campi dorati e il sole che ci bruciava la pelle. Le guide ci raccontavano la storia del nuraghe, le scoperte archeologiche e le teorie, a volte contrastanti, sempre magiche, sulla funzione del nuraghe, sulla sua ingegneria, sulle civiltà che vi si sono succedute e su come scoprirle guardando le forme delle costruzioni.

Il Nuraghe era originariamente costruito come un castello medievale, ma secoli prima del Medioevo, con un gioco di torri e di scale che possono solo affascinare i bambini che le percorrono alla scoperta del passato.

Dal nuraghe riprendevamo la Seicento e ci avventuravamo fino alle Domus de Janas (case delle fate) di Sant'Andrea Priu.

In realtà si tratta di una necropoli, fatta di piccole grotte scavate nella roccia, in cui venivano riprodotte le caratteristiche delle case dei defunti, precisissime, con il tetto di paglia incurvato dal peso. E piccolissime. Per questo la fantasia popolare le aveva attribuite alle Janas, una sorta di fate sarde, parte della tradizione letteraria e della cultura locali.
Casette delle fate, perdute fra campi dorati e cielo blu.

Per i grandi, le guide raccontano l'avvicendarsi anche qui di varie culture e di come il loro passaggio avesse cambiato le grotte e i loro simboli.

Si finiva poi immancabilmente a cenare da Zia Forica, a Sassari.
Così come ci si finisce ora, ogni volta che si torna a casa.
Perché si mangia bene.
Perché si chiacchera bene.
Perché il ricordo delle frittelle preparate per noi ragazze ogni 8 marzo da zia Forica è duro a morire!
Sfido qualsiasi genitore con picky eaters a non trovare qualcosa che i vostri bambini adoreranno.
Una trattoria. A me piace di più zilleri.
Un porto sicuro dove rifocillarsi e gustare cucina vera.


Per chi non è soddisfatto da archeologia e tuffi nel passato, le estati in Sardegna sono ricche di sagre, festival, concerti, letteratura.
A volte riusciamo ad andarci, a volte no.
A volte per partecipare dimentichiamo anche che esiste il mare.

Quest'anno il nostro festival letterario con laboratorio per bambini è stato sostituito da un festival molto più articolato: Sulla terra leggeri, libri, laboratori, in giro per la città e al nuovo mercato civico.
Per grandi e molto per piccoli.

Per i cinefili c'è Sassari Estate Cinema e anche Amerindia, rassegna di cinema argentino ai Giardini pubblici.

Nel cuore anche Ittiri Folk Festa, un festival di musica e danze popolari, sia sarde che internazionali. Ce lo siamo seguito quasi ogni anno, portandoci dietro i bambini nell'Ergobaby, o sgambettanti sui loro piedi, fra le viuzze notturne di Ittiri, o al concerto di apertura al porto di Alghero. Sempre molto suggestivo.

Molti altri eventi, tanto che preferisco mettervi alla fine del post un link Sardegna eventi, un sito molto aggiornato dove potrete trovare quello che più vi interessa.

Ma ancora nel cuore due manifestazioni che per me hanno avuto il sapore dell'estate per decenni: Time in Jazz e Girovagando.

Il primo si capisce, è un festival jazz, nato in piccolo, fra soliti noti che andavano ai concerti armati di copertine di lana per proteggersi dall'umido e dal freddo notturno di agosto, per poi svilupparsi in uno degli appuntamenti più importanti dell'isola, con grandi nomi, mostre, in un paesino all'ombra del Monte Acuto, fra le rocce che noi in Sardegna chiAmiamo montagne. Un paesino tranquillo, orgoglioso e produttivo, che rinuncia volentieri alla sua pace e al riposo quotidiano per una settimana, per accogliere le schiere di giovani e non più tanto che affollano giorno e notte le piazze e le chiesette di campagna per i concerti.

Girovagando è un festival di teatro di strada. L'invasione della strada di decine di attori, mimi, gente strana, che portano colori, rumori, fuochi d'artificio e mangiafuoco a rivoluzionare la città insonnolita dal caldo. Un appuntamento atteso ogni estate, a chiusura delle vacanze, per riprendere un po' di energie e ricominciare l'anno. Quest'anno ancora non ho visto il programma... Vi metto il link così controllate da voi! Cercate anche qualsiasi cosa faccia il Theatre en vol. Sardissimi. Quasi. Decisamente. Ci hanno fatto sognare dagli anni '80 in poi e il mio cuore si spezza ogni volta che vedo che fanno qualcosa di nuovo e mi toccherebbe attraversare l'Atlantico a nuoto per vederlo...

Cos'altro cercare in Sardegna?

Fra i vari migranti che vi si stabiliscono, alcuni gruppi di fenicotteri hanno scelto Quartu e Oristano come loro dimora, e si mostrano vanitosi a binocoli e occhi di bambini e adulti. Preferibili le ore mattutine o serali. Così li vedete e non vi beccate neanche un colpo di sole.

E se poi proprio al mare non potete rinunciare ecco l'hit parade delle spiagge che preferiamo noi:
1. la Pelosa a Stintino
2. Pineta Mugoni ad Alghero
3. Maria Pia, sempre ad Alghero

La prima perché è fantastica, l'acqua bassissima, e ci abbiamo portato i gemelli fin da quando avevano pochi mesi: rischio annegamento zero, grande potenziale per nanna genitori (magari a turno per evitare perdite infantili).

La seconda perché ha una bellissima pineta proprio sul mare, che consente di non arrostire i bambini ma al tempo stesso di fare tanti bagni. Notevole inoltre la presenza dei paguri, con cui giocare di giorno e liberare in acqua la sera prima di tornare a casa (fate una cosa, liberate pure le conchiglie che avete raccolto, va, così ritrovate la spiaggia la prossima volta che tornate!).

L'ultima perché è bellissima, con la pineta sulle dune, la spiaggia grandissima, e le fontanelle per sciacquare piedi e non solo prima del rientro a casa (i nostri eroi si addormentano spesso in macchina al rientro a casa e a volte i piedi puliti ci consentono un agevole passaggio Seicento-letto, senza passare dal bagno).

Consiglio anti-stress: la Sardegna non è esattamente una meta segreta e nascosta, le orde dei turisti si fanno feroci in luglio e agosto. Al mattino fate gli intellettuali e andate in giro per nuraghi, lasciate le spiagge per il pomeriggio, anche non troppo tardi, e le troverete non dico vuote, ma almeno con lo spazio sufficiente per un ombrellone, degli asciugamani, secchielli, palette ed eventuali.

La notte musica, cinema e teatro e voilà! la vacanza è perfetta.

Ecco.
Adesso mi siedo un attimo in giardino a godermi i miei 37 gradi all'ombra e la mia umidità che te li fa sentire come se fossero 39...

E sogno la Sardegna.

Per ritrovare la strada:
Nuraghe di Santu Antine
Necropoli di Sant'Andrea Priu
Zia Forica
Sulla terra leggeri
Sardegna eventi
Ittiri folk festa
Amerindia
Time in Jazz
Girovagando
Theatre en vol