mercoledì 13 maggio 2015

Boicottaggio materno. Costruire un mondo migliore facendo la mamma.

La mia mamma non era molto etica. Ai suoi tempi era difficile capire perché una bambina di otto anni poteva non trovare tenero giocare con la pelliccia di Ocelot.
"Guarda, è come abbracciarlo!" mi diceva accarezzando la nuova giacca.
"Eh, morto però."

Capirete bene che i problemi generazionali erano tanti.

E ancora di più ne avremmo ora, se fosse ancora qui.

Per esempio: io a fare la spesa vado armata di IPhone e della mia fedele alleata, l'app Buycott! Una piccola meraviglia tecnologica in cui ho introdotto, in ordine di priorità, tutte le campagne ecologico-politico-umanitarie che sostengo. Il piccolo congegno digitale scannerizza il codice a barra e voilà! salta fuori se il succo o il latte o i biscotti nel carrello della spesa potrebbero trasformarsi in armi di distruzione di massa dei miei principi etici.
(Sarà per questo che il Colombiano si rifiuta di fare la spesa con me? Mah...)

Uno dei prodotti che la mia fida alleata per qualche strano motivo non mi chiede di evitare è la Nutella.
Sarà che anche Buycott è semplicemente fan di questo prodotto divinamente pericoloso, per cui, diciamolo, si darebbe anche la vita...

Però non si dà!

Si decide invece di farla in casa, spendendo chiaramente fior fior di dollaroni in più per comprare ingredienti sani, nutrienti e senza il nemico olio di palma.
Ecco la Ricetta: http://www.tuttogreen.it/nutella-fatta-in-casa/

Così come lo yogurt, la pasta, in generale tutto il mangereccio a casa mia è fatto in casa, anche la magica apple sauce, pappina di mele cotte, che fa tanto bene ai pancini.

Chiaramente la Gerber o chi per lei non ha guadagnato nemmeno un centesimo dal nostro svezzamento.
La nostra guru è stata l'autrice di un bellissimo libro, che ho poi scoperto essere mamma di gemelli anche lei! 
Ricette semplici, dispendio energetico ed economico minimo, pancini soddisfatti!


Il menù della guru è inoltre fondamentalmente vegetariano, quindi speravo di poter incoraggiare i miei piccoli a seguire il regime alimentare della mamma.

Tutto perfetto.
Finché il Colombiano non ha presentato una salsiccia a Matteo...
I canini sembrava gli si allungassero solo alla vista delle proteine animali...

Battuta da una salsiccia.

Oh well...
Mai sposarsi con un carnivoro...

Luca tentenna fra vegetarianesimo, pescatarianesimo e "mangio solo le mucche nere"...

Spero sempre che capiranno da grandi.

 Per me la cucina deve essere fatta in casa, anche quando è solo un panino al formaggio, una mela e uno yogurt per il pranzo della scuola.

Il fascino del precotto, del vassoio della mensa e di quei bei piatti fritti, però, ha decisamente corrotto Luca.

Quest'anno è arrivato uno dei magici messaggi registrati della scuola, che diceva che "Lo studente Luca Pinco Pallino deve $2.75 al Servizio Mensa".

Strano, ho pensato: noi a scuola gli mandiamo il pranzo tutti i giorni...
Tornata a casa ho chiesto al mio signorino conto della telefonata e lui si è fatto prendere dal panico: 

"Ti ha chiamato la scuola???"

Lì ho capito che c'era sotto qualcosa.

Il vassoio e il precotto avevano vinto!

Luca aveva fatto finta di non avere il pranzo per poter mangiare le stesse cose dei suoi compagnetti ed era andato a mangiare alla mensa. E ora arrivava il conto.

"No, mamma! Ho pagato io! Con la carta, come fai tu al supermercato!"
Peccato che la sua, di carta, fosse solo il tesserino identificativo della scuola...

Allora ho provato a dirgli che se voleva, mamma lo faceva mangiare alla mensa, ma che bisognava dirlo e pagare.

La grande felicità dei pargoli è durata poco: 
Servizio Mensa - Mamma, 0 a 1!

Sono tornati dopo due giorni, dicendo che faceva schifo e rivolevano panino, yogurt e mela!

Evviva!

Come mamma che lavora, ho sempre un po' paura di non dare abbastanza di me ai miei piccoli.
Magari per questo ci tengo tanto a compensare col fai-in-casa-da-te.

Ognuno ha le sue fisse!



martedì 12 maggio 2015

Omero a 5 anni

Stasera osservavo i miei bambini scegliere fra l'Iliade e la Divina Commedia come favola della buona notte. 

Non so come mi è venuto il raptus.

Qualche giorno fa cercavo dei libri che potessero ispirare i miei cinquenni e mi sono ricordata della passione di Luca per Occoli (Hercules, in inglese, ma quando lo chiama lui suona più così).

Il salto da Occoli a Omero è stato breve.

Amazon ha suggerito il resto.

Vedere mio figlio che si emoziona a scoprire le macchine di Leonardo e a riconoscere la Gioconda, che la maestra aveva già mostrato in classe, ha probabilmente emozionato me molto di più.

Il mio biondino invece, a vedere tutti quei libri, e il fratello che qualcosa lo conosceva già, si è fatto sopraffare e non si è avvicinato.

Stasera però ha avuto il coraggio di dare uno sguardo, ha visto le immagini, i soldati, gli eroi e gli dèi, così simili ai personaggi dei suoi cartoni animati.

L'opera di coinvolgimento è stata facile.

Per Luca è stato sufficiente sentire il nome di Zeus.

Zeus!!!

Grande emozione!

Al doposcuola dei bambini più grandi fanno loro catechismo non richiesto, ma Luca è affascinato dall'idea di un dio e fa domande di ogni tipo...

Non vi dico quindi come sfogliava La Divina Commedia, guardando le immagini accattivanti del libro.

Certo, sono adattamenti delle versioni originali, ma io spero di installare in loro l'amore per la letture, per i classici, per la simbologia e le figure retoriche.

Da grandi saranno ingegneri, dottori, meccanici, idraulici, poeti o artisti.

Quello che li farà felici.

Qualsiasi vita avranno, spero troveranno lo spazio per un libro nello zaino.







domenica 10 maggio 2015

Auguri, mamma!

È arrivato uno dei miei giorni preferiti dell'anno.

I miei bambini si preparano, si alleano con il papà per scrivere bigliettini pieni di amore, offrirmi profumi e poesie e portarmi fuori a colazione (o pranzo, o cena, un po' come capita).

Una gioia per loro, che fanno una sorpresa alla mamma, una gioia per me, che ricordo il momento in cui per la prima volta ho detto all'infermiera dell'ospedale che ero "Luca and Matteo's mom".
In quell'istante un'ondata di emozioni mi ha travolto e ho capito che davvero ero diventata una mamma.
Per mesi avevo solo giocato ad esserlo.
Alla mia età una gravidanza era piena di rischi, per la mia salute, quella dei bambini, la loro stessa esistenza era a rischio ogni istante.
Così avevamo deciso di giocare a fare i genitori per nove mesi, sperando di poterlo essere anche negli anni a venire.

Dire che ero diventata la mamma di Luca e Matteo mi ha riempito di gioia, ma anche di perplessità.
Riconoscevo tutte le difficoltà di quel ruolo, ne studiavo tutti i limiti e tutti gli orizzonti.
E ancora ora, sono ben lontana dall'aver imparato.

La giornata di oggi è stata marcata da un'ombra, due, mille.

Un figlio oggi non starà con sua madre.

Ho vissuto quella paura da quando sono nati i miei figli. So che è un dolore a cui non sopravviverei. O forse sì, si sopravvive a tutto in fondo.

Una madre è stata poco accorta, ha pensato che nessuno scoprisse cosa succedeva fra le pareti domestiche, che nessuno se ne sarebbe interessato.
Ma il figlio ha avuto fiducia negli altri adulti della sua vita.
E oggi una madre ha passato questa giornata senza di lui.
Per quanto difficile sia vivere insieme, per quanto esistano abusi, violenze, disturbi mentali, il distacco da un figlio deve essere un dolore insopportabile, lacerante. Così come per un figlio il distacco dalla madre.
Su questo contava lei. Sulla dipendenza reciproca che non spezza il legame dell'abuso.

Un'altra madre non starà con suo figlio oggi. Glielo hanno ucciso, per una violenza profonda e inspiegabile, che divide famiglie che abitano lo stesso territorio.
Senza una guerra, senza disastri naturali.
Per vendette ataviche che ancora portano morte e strappano giovani vite dalle loro madri, nel cuore di una Sardegna ricca di cultura e tradizioni, in cui qualcuno decide di rispettare dei riti che la riportano indietro nel tempo di millenni, anziché verso il futuro.

Un'amica ha condiviso oggi un post, in cui si discuteva se festeggiare o no una festa che celebra la donna come madre, quando la donna è molto di più; se è ancora appropriato che il ruolo della madre, e non di un genitore, lontano da ruoli tradizionali, debba essere considerato speciale, in un mondo in cui le famiglie hanno due madri, o due padri, o solo un genitore, o nessuno; ci si chiedeva in questo post, tutti insieme, non in una baruffa gender o non gender, femministe contro le altre, ma come donne, o uomini, o esseri umani in un mondo che cambia e che rispetta, se non sarebbe meglio avere piuttosto una festa del genitore o invece un diverso approccio all'idea di maternità legata al quotidiano, non a un giorno di maggio con fiori e cioccolatini.
Mi piace che si discuta, che si metta tutto in discussione per creare un mondo diverso, con valori nuovi che diano luce all'umanità in ciascuno di noi.

Penso però a quanto è stato difficile per me diventare madre, per molte delle donne che conosco, penso a chi non ha potuto realizzare il suo sogno. Ma anche a chi vive la maternità con tutte le difficoltà che comporta: i compromessi per il lavoro, per la propria identità, per la sopravvivenza, spesso solo per riuscire a tenere i propri figli con sé, per crescerli felici o almeno limitando i danni.

Il dolore del fallimento fa parte di ognuno di noi, ma anche la gioia di farcela, quando ce la si fa. E credo che questa festa sia una scusa, per riunirsi con i propri figli, a festeggiare che nonostante le difficoltà si continua a vivere , a volersi bene e a ringraziarsi di essere insieme e a farsi promesse per costruire un mondo più giusto per tutti. Come mamma.

Giovedì andrò a scuola con Luca e Matteo per la festa dei genitori. Mi prepareranno e mi serviranno la colazione. Per ringraziarmi di tutto quello che faccio per loro. E ci sarà anche Juan, perché è il papà. E ci saranno i papà, le mamme, gli adulti della vita degli altri bambini, a cui i loro piccoli offriranno la colazione.

E sarà una bella festa per tutti.

Un mondo migliore.


martedì 5 maggio 2015

I don't like you

Me l'ha detto così, all'improvviso.
Davanti alla televisione.
Poi ha indicato i punti rossi sul mio braccio e ha aggiunto: "You're spooky".
Il mio bambino, proprio quello fra i due che è sempre stato più attaccato a me, quasi che solo la mia presenza o il mio abbraccio potessero far tornare il mondo alla normalità, come se solo io potessi allontanare i mostri della notte e vincere i nemici immaginari, proprio lui, mi ha ferito a morte.

Non mi piaci.

Se lo avessi letto su uno dei libri di istruzioni per bambini, non ci avrei creduto.
Come può un figlio tuo, che ami e adori alla follia, dirti che non gli piaci.

I don't love you.

Per rincarare la dose.
Me lo ha detto di nuovo, più volte.
Dopo averlo detto aveva l'espressione di chi è spaventato dalle sue stesse parole, come se fossero diventate un'arma nucleare in grado di distruggere tutto. E meno vuoi farlo, e più ne hai paura, più lo dici, come se un mostro si impadronisse di te.

Lo stesso mostro che spaventa me, quando alzo la voce con  te, perché sono stanca, perché la vita ha il sopravvento e mi dimentico che sono la tua mamma, che dipendi da me, che hai bisogno di tutta la mia attenzione, non delle ore in più di lavoro.

Mi sono spaventata così tanto che sono andata a cercare nella mia sfera di cristallo (tutte le streghe ne hanno una).
Ho scoperto che siamo in tante. Che molti bambini decidono di dire I don't like you alle loro mamme. In tutte le lingue del mondo.
Quando vanno di fretta, hanno i minuti contati, quando dicono troppo di fare silenzio, la nanna, i compiti, di fare da bravi che mamma ha da fare.

Coi pugni chiusi mi hai detto ancora che non ti piaccio.
Mi hai visto triste mentre ti dicevo che anche se io non piaccio a te, tu a me piaci molto e ti voglio bene. E te ne vorrò anche se tu non me ne vorrai più. E non alzerò più la voce perché ti spaventa. Cercherò di ricordarmi che io sono grande. Tu ancora no.

Poi è arrivato Juan e gli ha parlato di quanto la mamma era triste perché il suo bambino non le voleva più bene.
Si è stupito. Forse pensava che fosse ormai impossibile rimettere insieme i cocci di un cuore spezzato per ricominciare tutto come se niente fosse.
È venuto da me e mi ha abbracciato.

Ora se gli chiedo: "Mi vuoi bene?"
Mi dice di sì.

Non come se niente fosse.
Abbiamo imparato tutti e due come volerci bene.
Io so che devo ricordarmi che lui esiste e che ha bisogno di me e dei miei sorrisi solo per lui.
E lui ora sa che con la mamma può sbagliare, che lei sarà comunque lì ad aspettare che torni.