giovedì 4 giugno 2015

Il blues dell'immigrato

Prima o poi, tutti quelli che emigrano, espatriano, lasciano il paesello per necessità, curiosità, incompatibilità con l'ambiente o solo per il forte desiderio di fuga, il paesello lo cercano.

Quando però il paesello è stato lasciato, tornare non è sempre facile.

Allora lo si cerca dove ci si trova.
In un ristorante.
In un bar.
In un gruppo etnico al quale improvvisamente si sente di appartenere.
In un gruppo su Facebook o in un blog.

Questa ricerca mi ricorda un video di alcuni anni fa, in cui una ragazza andava alla ricerca di umanità portandosi fra le braccia il suo cuore, enorme.

A ogni tentativo fallito di incontro il cuore rimpiccioliva, fino a che non trovava qualcuno con cui parlare.
Ogni contatto umano riportava il cuore a dimensioni gigantesche, e così anche le sue speranze di un'altra possibilità.

Chi parte lo fa sempre sapendo che lascia dietro di sè tutta una vita e un mondo che sarà difficile da mantenere a distanza, ma lo fa comunque, con la speranza che quello che troverà nel nuovo mondo sarà comunque meglio.

Le difficoltà puntualmente si presentano, soprattutto quando chi parte non è più uno studente, ma un adulto con un lavoro, magari una famiglia, tanti doveri e responsabilità.

Il nuovo paese, per quanto si sia grati di averlo trovato e di averci trovato nuove opportunità di vita, è sempre un altro paese.

Non si riconosce il cibo, le case sono diverse, le persone parlano strano, pensano strano, hanno sempre diversi modi di fare, che non riconosciamo come nostri e che ci creano una sensazione di destabilizzazione.

Si comincia a cercare qualcuno che ci assomigli, che ci parli in una lingua conosciuta e che abbia appetito per gli stessi sapori.
Le generalizzazioni cominciano a sembrare meravigliosi fattori di unione e cominciamo a pensare che solo chi viene dal nostro paesello potrà veramente capirci.
Nel bene o nel male, l'umanità sembra rappresentata solo da chi viene da dove vengo io.

E allora si prende il cuore e si scende per strada.
O si va in un centro culturale.
O timidamente si chiede di far parte di un gruppo su Facebook.
O si manda un messaggio per chiedere l'amicizia.

Con il cuore in mano, pieno di possibilità.

Ora, è evidente che la sola provenienza dallo stesso paesello non basta.
Se il paesello poi è l'Italia, abbiamo 20 possibilità contro una che il cibo non sia lo stesso, la lingua neppure e usi e costumi varino infinitamente.

Parliamo poi del fatto che abbiamo comunque "chentu concas, chentu berrittas"?
(Mi scusino gli stranieri italiani della penisola...)
Le idee sono immancabilmente diverse.
I sogni pure.

Insomma, nella nostra ricerca torniamo spesso a casa con il cuore rimpicciolito.

Ma i più coraggiosi non mollano, ripartono alla carica, si caricano il cuore in spalla e partono alla conquista di nuove amicizie e di nuovi affetti.

Anche perché, per una questione di probabilità, qualcuno in giro si troverà pure!

Enjoy!

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