martedì 2 giugno 2015

Due per tutti! Tutti per due!

Quando il ginecologo ha chiamato (eh, la sanità in Colombia... Il medico chiama te, non tu lui...) per dirmi che sarei diventata mamma ha usato le parole "molto incinta".

Sapevamo già che gli embrioni impiantati erano tre (sì, i nostri figli sono sintetici), ma anche che alla mia bella età di 39 anni era difficile anche portarne avanti solo uno.

Io invece ero "molto incinta".

Il Colombiano chiaramente felice come una Pasqua.
Io più che altro stordita come dopo una forte dose di anestetico.
Lo Zio Alberto ha potuto solo biascicare un "Mierda..." e spalancare gli occhi come se avesse davanti due folli pronti a rovinare il loro futuro vo-lon-ta-ria-men-te.
Da rinchiudere.
Noi.

E da rinchiudere era proprio il Colombiano, che, vista la grande emozione, ha anche invitato il pubblico alla prima ecografia! Ora, non scendo nei dettagli, ma per quanto amici del cuore, la PRIMA ecografia, quando ancora gli embrioni sono proprio piccoli, piccoli, non è esterna!! E così a vedere quelle celluline e quei cuoricini minimi battere per noi eravamo in 5!!! I nonni adottivi erano lì e li hanno visti con noi.

3 adulti in lacrime. Io no. La posizione pubblica mi aveva tolto la commozione.

Da prima che nascessero, ci siamo innamorati di quelle due cosine, che avevamo visto al microscopio fin dai loro primi giorni di vita di quelle quattro celluline iniziali.
(Nessuno si emozioni e mi consideri una sostenitrice del movimento per la vita e intolleranti simili, please. Erano solo l'utero mio, gli embrioni miei. MAI giudicherò io gli uteri e gli embrioni altrui.)

Siamo corsi a comprare libri sui gemelli, sulle gravidanze gemellari, sul baby wearing gemellare, su come allattarne due, coccolarne due, e su come riuscire a non impazzire dividendosi in due fin dall'inzio.

Su quest'ultimo punto abbiamo trovato MIGLIAIA di consigli, teorie più o meno complicate, tutte più o meno rigide, con tabelle da compilare ogni tre ore su quanta pappa, quanta cacca, alcune consigliavano anche di contare quante coccole...

Gli orari e i calendari sembravano essere la chiave di una vita serena e armoniosa.

Mettiamola così: quando una donna (io) torna a casa dall'ospedale dopo una settimana di misuramenti della pressione, dell'ossigeno e chi più ne ha più ne metta, a ogni ora della notte, alle tabelle degli orari delle pappe e delle cacche io do un tre giorni.
Anche meno.

L'unica cosa che mi dava ordine alla vita era la sveglia.
Ogni tre ore, per pappa-cambio-pannolino doppi.
Cambi uno. Coccole. Biberon (io, secca come il letto di un fiume in agosto!). Coccole. Nanna.
Repeat.

Per aiutarci, nella notte fonda, quando non ci riconoscevamo nemmeno noi e avremmo rischiato di cambiare e allattare un cuscino al posto dei nostri figli, in camera avevamo un piccolo esercito di biberon multicolore, con la dose esatta di latte in polvere già dentro e un mega thermos di acqua calda per non andare neanche a scaldare quella...
Come zombie ci si alzava, si versava, si shakerava, e si serviva il cocktail ai clienti, che ubbidienti ciucciavano, senza grandi emozioni, ma serrandoci le dita fra le loro, restituendoci così uno straccio di umanità e ricordandoci che eravamo diventati babbo e mamma.

La mattina il babbo andava a scuola, con il sorriso sulle labbra e le occhiaie sotto gli occhi.

Mia zia, nonna improbabile in prestito, col suo body fucsia luminescente, reduce dalla ginnastica mattutina, entrava come una dea della bellezza greca in camera, sussurrando parole d'amore ai miei ometti in miniatura. Novella Circe dance anni '80, se li portava in camera sua per ammaliarli di coccole e gorgheggi a cui loro non sapevano resistere.

E ogni giorno mi regalava le due ore di sonno, dalle 8 alle 10, più meravigliose che io abbia mai sognato.

Anche noi, fin dall'inizio, abbiamo dovuto dare i milioni di risposte alle domande brillanti che ci venivano fatte solo perché avevamo due gemelli.
No, non sono uguali.
Sì, li riconosco.
No, not double trouble, double love.
Sì, ho tanto da fare.
No, they are not IDENTICAL.
Ora, non vorrei fare la maestrina dalla penna rossa, ma la parola IDENTICO cos'ha che la gente non la capisce???

I nostri ometti non sono identici, né fisicamente, tantomeno caratterialmente.
Sono proprio agli opposti.
Fin da quando scalciavano nella pancia, lo facevano in modo diverso.
Quando sono nati, abbiamo capito subito chi era chi.

E anche crescendo, le differenze sono sempre state milioni.

In realtà non li abbiamo mai considerati "i gemelli", sono sempre stati i nostri due bambini, Luca e Matteo.
Due, ognuno unico e diverso.
Come ogni figlio andrebbe considerato.

I nostri sforzi sì, quelli sono stati doppi.
Su e giù dalla macchina.
Due manine per attraversare.
Due bambini da rincorrere al parco.
Due torte al compleanno.
Doppi pannolini (ah, i doppi pannolini!!).
24 biberon per coprire tutti i turni ogni tre ore.
Doppi cambi da mettere in borsa.
Doppie spese, fin da quando andavamo dall'esperto prenatale, per poi continuare al nido e poi al doposcuola.
Doppie borse sotto gli occhi.
No, quelle quadruple.

E double love. Tanto, tanto double love!

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