venerdì 31 gennaio 2014

Quello che le mamme scrivono. Quello che le mamme insegnano.

“La maternità è una sofferenza, una gioia molto sofferta. Da un amante ci si può staccare, ma da un figlio non riesci”.


Quella pazza di Alda Merini.

E ancora.

GENESI
Vorrei un figlio da te che sia una spada
lucente, come un grido di alta grazia,
che sia pietra, che sia novello Adamo,
lievito del mio sangue e che risolva
più quietamente questa nostra sete.
Ah, se t'amo, lo grido ad ogni vento
gemmando fiori da ogni stanco ramo
e fiorita son tutta e d'ogni velo
vo scerpando il mio lutto
perché genesi sei della mia carne.
Ma il mio cuore, trafitto dall'amore
ha desiderio di mondarsi vivo.
E perciò dammi un figlio delicato,
un bellissimo, vergine viticcio
da allacciare al mio tronco, e tu, possente
olmo, tu padre ricco d'ogni forza pura
mieterai liete ombre alle mie luci.



La maternità è una pura follia. Creativa. Distruttrice. 
Fonte di vita per cui almeno un poco bisogna morire.

A volte più di un poco.

Ti deruba delle forze, della lucidità, del sonno, di te, di quello che eri prima di essere una madre. 

Muori per rinascere. 

A volte. 

La letteratura femminile pullula di esempi di maternità distruttiva, distruttrice, ma che diventa anche terreno fertile sul quale creare, sognare, da cui prendere nuove energie.

Queste sono le tre mamme che ho nel cuore stanotte

Una, Alda Merini, la più fortunata, che ha passato la vita a dibattersi fra la poesia e i manicomi, ma che la mamma l'ha fatta tanto bene, tanto in profondità, che le sue figlie le hanno dedicato un sito web, per renderla ancora più immortale, non solo nei loro cuori.

L'altra, Sylvia Plath, che l'ha potuta fare poco la mamma, ma che ha avuto nel periodo della maternità il periodo più creativo della sua vita, e che scrive su questo una poesia terribile. 

E bellissima.

Medusa

Off that landspit of stony mouth-plugs,
Eyes rolled by white sticks,
Ears cupping the sea's incoherences,
You house your unnerving head-God-ball,
Lens of mercies,

Your stooges
Plying their wild cells in my keel's shadow,
Pushing by like hearts,
Red stigmata at the very center,
Riding the rip tide to the nearest point of departure, 

Dragging their Jesus hair.
Did I escape, I wonder? 
My mind winds to you 
Old barnacled umbilicus, Atlantic cable, 
Keeping itself, it seems, in a state of miraculous repair. 

In any case, you are always there, 
Tremulous breath at the end of my line, 
Curve of water upleaping 
To my water rod, dazzling and grateful, 
Touching and sucking. 

I didn't call you. 
I didn't call you at all. 
Nevertheless, nevertheless 
You steamed to me over the sea, 
Fat and red, a placenta 

Paralysing the kicking lovers. 
Cobra light 
Squeezing the breath from blood bells
Of the fuscia. I could draw no breath, 
Dead and moneyless, 

Overexposed, like an X-ray. 
Who do you think you are? 
A Communion wafer? Bluberry Mary? 
I shall take no bite of your body, 
Bottle in which I live, 

Ghastly Vatican. 
I am sick to death of hot salt. 
Green as eunuchs, your wishes 
Hiss at my sins. 
Off, off, eely tentacle! 

There is nothing between us. 

E che ha anche scritto libri per bambini, per sconfiggere le paure, le sue.



L'altra mamma è la mia, che mi ha insegnato a piangere, a ridere, a essere libera e testarda. 

Ma che non sarà qui a giocare con i miei bambini.



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