domenica 15 febbraio 2015

Specchio, specchio delle mie brame...

Per una donna la sfida dell'identità è qualcosa di estremamente complesso.
Crescendo avevo la tendenza, comune mi sembra fra donne della mia generazione o della generazione di poco precedente, a identificare l'identità maschile con la libertà, l'indipendenza, l'intraprendenza, a volte temo anche l'intelligenza. Anche da poco mi è capitato di sentire donne (cresciute...) che affermavano di avere prevalentemente amici uomini. Da donne indipendenti, intelligenti e intraprendenti, come si può infatti pensare di poter fare amicizia con esseri di cui si accetta la scontata inferiorità?
Le donne, viste dalle donne, sono considerate spesso pettegole, false, traditrici e predatrici di mariti e fidanzati. Senza alcuna riflessione sul fatto che donne siamo pure noi, che invece ci riteniamo leali e dotate di tutte le qualità ritenute normalmente maschili.

Per assurdo, proprio quei principi di emancipazione che avevano spinto quelle prima di noi a creare gruppi di donne contro la supremazia maschile che divideva per imperare, hanno spinto molte a pensare che, raggiunta ormai la parità dei diritti, era preferibile comunque dissociarsi dalle altre, in quanto comunque non sembrava rappresentassero l'immagine che volevamo avere di noi stesse.

Da qui la divisione degli opposti, anzi delle opposte.
Le casalinghe contro le lavoratrici, le vergini contro le liberate (perdonate l'espressione, ma io non ne conosco una migliore), le mamme contro le senza bambini, le grasse contro le magre, le belle contro le brutte e da qui un'infinita, quanto ridicola, superficiale ed estremamente pericolosa lista di stereotipi.
Le donne, storicamente e socialmente, hanno sempre fatto gruppo, in passato soprattutto per obblighi familiari e organizzazione sociale che le costringevano a stare insieme volenti o nolenti. La realtà è che le donne hanno sempre dovuto contare sul reciproco appoggio e sostegno e che questi valori negli anni della grande liberazione sono stati riscoperti proprio per portare le donne a lottare insieme e a ricostruire quel gruppo che tanto si sarebbe voluto dividere.

La divisione è il rischio più grande che una donna possa correre. È una porta spalancata verso la violenza. Contro tutte e ognuna di noi.

Il minimo che ci può succedere, se divise, è che lasciamo il campo libero a chi ci invita ad essere sottomesse, malleabili. Idiote insomma. Ma con brio.

Personalmente soffro di episodi di personalità multipla e identità confusa.
Ho tre lavori, tutti da professionista del mio settore; mi considero una donna in carriera, che nel mio settore fa comunque ridere.
Faccio la mamma, più per propensione materna di mio marito che mia, e mi diverto a farla, considerando chi figli non ne fa una persona di tutto rispetto e forse molto più saggia di me.
Mi occupo di casa mia quanto basta per renderla un nido accogliente per noi e chi ci vuol bene, senza volerne a chi invece alla casa e alla famiglia si dedica a tempo pieno. Ognuno sceglie come rischiare il suo futuro.
Non credo nella purezza che non sia quella dell'animo. E anche lì ho dei seri dubbi.
E ho un numero spropositato di amiche.
Perché tutte, quelle del passato, quelle del futuro, quelle del presente, quelle che non ci sono più e quelle che non ci sono ancora, sono esseri complessi, meravigliosi, con cui ci si ama, ci si odia, si piange e si ride insieme, ci si confida, ci si aiuta.
Perché solo un'altra donna può capire me come donna, non solo come essere umano.
Di uomini meravigliosi ne conosciamo.
Ma solo le donne insieme possono riuscire a fare di questo mondo un posto dove uscire tranquille per strada.


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