Oggi pensavo proprio: "Ma io avevo un blog da qualche parte..."
Ed eccolo qui.
Su internet non si perde niente, non come a casa mia.
Il primo post di questo mio meraviglioso blog, che mi cambierà la vita e le darà un senso nuovo e profondo, risale esattamente al gennaio di due anni fa.
Andiamo bene.
Un giorno un amico al quale raccontavo le mie disavventure davanti a un camino e una piscina di birra mi ha consigliato di scriverle le mie disavventure, perché erano proprio divertenti.
Alla luce dell'esperienza, degli anni in più e con le rughe della saggezza, credo che in fondo mi prendesse per i fondelli.
Ma a chi non piace un po' di adulazione?
"Grazie, gli ho detto."
Ed eccomi qua, BLOGGER.
Due post in due anni.
Un successo.
Fra i miei follower c'è pure mia cugina.
Andrò lontano?
Ma la cosa migliore è che oggi potrei scrivere lo stesso post di due anni fa.
Ancora dormo con i miei bambini.
Dormo.
Modi di dire.
Soprattutto oggi ho voglia di dire una cosa.
NON - SONO - UNA - EXPAT.
Ecco, fatto, detto, che liberazione.
Che non mi si fraintenda. Io non ho niente contro gli expat. Anzi, io gli expat li invidio. Da grande vorrei essere come loro.
Nel frattempo però, non vivo all'estero alle dipendenze di un'azienda che mi manderà a spasso per l'universo infinito pagandomi tre volte tanto, offrendomi casa e macchina spaziali e invitandomi a mega cene aziendali.
Sono invece proprio un'extracomunitaria. Extra-unitaria. Insomma un'immigrata italiana negli USA. Nemmeno ci si può riferire a me come a un cervello in fuga (ricordate, due post in due anni...).
Io ho proprio mollato il mio paese e sono andata a vivere in un altro.
Nemmeno tanto per mia scelta.
Con il mio amato marito colombiano ci siamo sposati vari anni fa (ora conto) - 8 per la precisione.
Ci siamo sempre chiesti chi lo avesse chiesto a chi, come fosse successo.
Com'è come non è ci siamo ritrovati lui e io, dopo un salto in comune, un pomeriggio sulla spiaggia alla Pelosa e una festa con i miei amici venuti da tutto il mondo (sono sempre stata una potenziale expat, accidenti).
Ci eravamo sposati. Così, come si dice "Ayò a fare un giro".
Solo che vivevamo a un oceano di distanza e con le fedi fresche al dito ci siamo ritrovati a decidere se andare da me o da lui.
Ha vinto lui.
Facile d'altronde, perché anche se io avevo un sacrosanto lavoro fisso per il Ministero della Pubblica Istruzione dell'Università e della Ricerca, a lui veniva offerto solo un contratto a tempo come operaio in un'azienda di fiori. E gli operai dall'aria grigia che avevamo visto non sembrava fossero poi tanto felici.
Così mi sono ritrovata immigrata negli USA. La sposa italiana, conosciuta a distanza. Lo ammetto, sembravamo proprio un po' una scena da Bello, emigrato Australia, sposerebbe compaesana illibata. Vabbé, lasciamo perdere l'illibata.
E dopo (quanti erano?) 8 anni sono una prof in un liceo pubblico e all'università (SOLO adjunct, poco più che lettrice, nientediché), ho due BELLISSIMI gemellini di quattro anni, Luca e Matteo e mi barcameno fra USA, Italia, Colombia, il lavoro di mattina, il lavoro di sera, il nido dei bambini, la scuola Montessori, la palestra (hahahahahaha!!!!), i lavori online, la mia vita matrimoniale e i legami del mio cuore con la mia isoletta in mezzo al mare, che per noi immigrati è sempre Sa Sardigna.
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